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Immagine del redattoreMaristella Buzzelli

Morrea. Perla sconosciuta d'Abruzzo.

Aggiornamento: 18 feb 2020

Per gli amanti della terra d’Abruzzo non è difficile immaginare le sensazioni e le emozioni che devono aver suscitato i nostri paesaggi e i nostri borghi nel cuore dei numerosi viaggiatori, antichi e recenti, che l’hanno attraversata.

Tra il 1785 ed il 1791 Richard Colt Hoare, storico e archeologo inglese, viaggiò a lungo in Europa ed in particolare in Italia, raccogliendo appunti e tracciando bozze, introducendo una delle maggiori tendenze dei circoli intellettuali ottocenteschi: il Grand Tour. Nel 1791 scrive "Tour Classico attraverso Italia e Sicilia" da cui estraiamo "I Miei Diari attraverso l'Abruzzo", nella Primavera del 1791.

26 APRILE 1791.

Lasciai Roma con l’intenzione di visitare quella parte del paese che era rimasta inesplorata nel mio ultimo viaggio in autunno a causa del clima sfavorevole e dell’avanzare della stagione. La principale ed, effettivamente, ultima tappa del mio viaggio era il lago Fucino, ora detto di Celano […][1]

È di particolare rilevanza l'esperienza documentata da Hoare, in quanto uno dei primi viaggiatori stranieri ad addentrarsi in quella terra selvaggia ed impenetrabile, rifugio di ladri e malfattori quale veniva considerata l'Abruzzo, che poco sembrava ispirare la curiosità dei suoi contemporanei:

[…] non so se io fossi ivi attratto dall'interesse che quel distretto ha per le testimonianze antiche o dall'amore per la novità, o dalla curiosità di esaminare un paese poco frequentato dai forestieri e poco noto, dal punto di vista storico, anche gli stessi nativi [2].

Hoare visitò, tra le varie zone, quella di Tagliacozzo, Alba Fucens, Avezzano, Balsorano, Luco dei Marsi, Morrea, Ortucchio. Il caso di Morrea è tra i più evocativi, in quanto borgo oggi tra i meno conosciuti e che più sembra avviarsi verso l’irrimediabile spopolamento. Eppure, tra i suoi stretti vicoli ed i suoi edifici storici si possono ancora ammirare gli stemmi araldici delle famiglie che un tempo abitavano il paese, che prima del 1915 contava ancora 600 abitanti.

Da Balsorano ho continuato la strada tortuosa lungo la costa della montagna, in graduale salita, su una strada scomoda e ghiaiosa, fino alla cittadina di Morrea, lontana cinque miglia. Il viaggio è stato piacevole, il paesaggio pittoresco e ricco del fogliame lussureggiante di grandi querce. Poche città possono vantare un aspetto eguale a quello di Morrea, la quale da un’altra cima domina un vasto panorama di valli a nord e a sud, bagnate da corsi d’acqua e ricche di paesi, i quali coprono i pendii delle montagne.

Morrea, il cui nome deriva probabilmente da “Morro” (macigno), è un piccolo gioiello nel cuore della marsica, nonchè uno dei paesi più antichi della Valle Roveto. Nata come avamposto militare romano della valle di Urbetum, Morrea viene citata nella Historia Langobardorum (789 d.C.) come parte della baronia longobarda. Nel 1915 il terremoto della Marsica ne devastò la fortezza, edificata con ogni probabilità sul finire del XV secolo, sulla base di un castello databile tra l'XI e il XII secolo. Il complesso, anche in fase di decadimento, conserva tutt’ora la sua bellezza rinascimentale.



La loggetta si apre oltre le volte semicircolari del terzo piano e presenta pareti meravigliosamente affrescate. Attraverso i secoli, con la sua posizione strategica e le sue imponenti torri, questo luogo fu residenza estiva di duchi e baroni. Oggi appartiene ai De Caris, una famiglia nobile imparentata con i Piccolomini.



Nella piazza principale, dedicata all’eroe partigiano Giuseppe Testa, cattura immediatamente la nostra attenzione lo stemma del paese, di forma ellittica. Alcuni sostengo che i tre compassi rappresentino tre monti,i rombi le nuvole e la base il fiume Liri su cui si affaccia la luna crescente. La simbologia della luna è ricorrente in molte rappresentazioni di Morrea,

probabilmente facente riferimento al sostrato contadino del paese e al rito della semina, essendo l’economia del paese basata principalmente sull’agricoltura e sulla pastorizia. Infine, la scritta corrisponde alle prime tre lettere del nome “MORREA”.


E' nel medesimo luogo che la storia antica si fonde con quella moderna, attraverso la vicenda di Peppino Testa, barbaramente fucilato dai nazisti l’11 maggio del 1944 con la colpa di essersi rifiutato di rivelare i nomi dei compaesani che aiutarono e protessero tanti perseguitati. Di seguito, l’ultima lettera scritta dal giovane, di cui colpiscono il vocabolario forbito e le nobili convinzioni.


"Caro professore,la mattina del giorno 11-5-44 il destino ha segnato in me la fine. Io come sai sono forte come sono state forti le mie idee. Spero che il mio sacrificio valga per coloro i quali hanno lottato per le stesse idee e che un giorno possa essere il vanto e la gloria della mia famiglia,del mio paese e degli amici miei. Voi che mi conoscete potete ripetere che il mio carattere si spezza ma non si piega. Abbiatemi sempre presente in tutti i vostri lavori e specialmente in tutte le opere che compierete per il bene della Patria così martoriata. Muoia tutto. Viva l’Italia. Suo aff.mo Peppino Testa.

Al professor Marucchi Agostino – Via Agostino Moroni 10 – Roma


Sulla stessa piazza osserviamo la chiesa di San Sebastiano, patrono di Morrea, mentre attraversando la porta medievale di San Michele Arcangelo entriamo nel cuore del borgo, in cui si trova l’omonima chiesa. Una volta attraversato l’arco di San Michele, a sinistra troviamo l’antica dimora del comandante delle guardie, diventata poi casa parrocchiale.

L’illuminazione pubblica è costituita da cinque lampadine in tutto il paese. Si suppone che una volta tramontato il sole gli abitanti usassero dei lumi a petrolio o addirittura dei tizzoni. Attraversando oggi queste strade antichissime e passeggiando sotto lo sguardo vigile della fortezza medievale si ha l’impressione di aver fatto un vero e proprio salto nel passato. Poco prima di andare via ci voltiamo ancora una volta ad osservare la sagoma di Morrea e lo spettacolare contesto naturalistico in cui è incastonato questo piccolo grande pezzo d’Italia ed il pensiero non può essere che uno: ci auguriamo che un luogo con un così grande passato possa vedere delinearsi davanti a sé anche un luminoso, meritatissimo futuro.








[1] Sir Richard Colt Hoare I miei Diari attraverso l'Abruzzo nella Primavera del 1791 trad. di Maristella Buzzelli tratta da A Classical Tour through Italy and Sicily, London 1819


[2] Sir Richard Colt Hoare I miei diari attraverso l'Abruzzo nella Primavera del 1791 Cerchio, 2002 trad. italiana di Ilio di Iorio tratta da A Classical Tour through Italy and Sicily, London 1819

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