Forse Edward Lear fu il più celebre tra i viaggiatori stranieri che esplorarono la Marsica nel loro personale "Grand Tour" ottocentesco. Nel 1843 lo scrittore londinese visitò i centri affacciati sulle acque del Lago del Fucino con lo sguardo attento e proiettato alla scoperta di una terra dalle radici profonde. Grazie ai suoi appunti di viaggio si dispone al giorno d'oggi del ritratto perduto dei paesi nella loro forma pre-sismica, quando gli antichi palazzi scomparsi si innalzavano sui panorami fucensi.
In quell'epoca l'Abruzzo interno e Ulteriore, alla pari dell'entroterra appenninico dell'intero meridione, si presentava come una terra dalle fattezze ancora sconosciute alla grande letteratura di viaggio. Il fenomeno del Grand Tour, con i suoi letterati ed eruditi già sparsi nelle valli dell'appennino abruzzese dalla fine del '700, inaugurò quella progressiva ed entusiastica "scoperta geografica interna" dell'Europa mediterranea. I paesaggi dell'Italia meridionale e centrale, al momento dell'unificazione nazionale, erano ancora sconosciuti ai più alti vertici istituzionali del neonato stato nazionale. Fu l'inchiesta parlamentare guidata da Stefano Jacini negli anni '80 del XIX secolo, dopo la più circoscritta indagine murattiana d'epoca napoleonica, a presentare per la prima volta al paese i volti della sua spina dorsale appenninica e le condizioni dei suoi abitanti. Pescina non poté sfuggire alle mire esplorative di illustri protagonisti del Grand Tour, attratti da uno dei centri più rilevanti dell'antica contea di Celano, nonché sede di una baronia estesa sino al borgo di Cocullo.
Giunto a Pescina, «attuale capitale della Marsica e residenza del vescovo», dopo il soggiorno celanese, Lear la descrisse come un grande paese di tremila abitanti, che «colpisce per la sua posizione sul fianco di un selvaggio burrone o gola, attraverso cui il piccolo fiume corre verso il lago». Le abitazioni erano «ammonticchiate in maniera molto singolare, l’una sull’altra» e molte presentavano delle colombaie, mentre il castello altomedievale, fatto costruire dalla famiglia Berardi e poi perfezionato in epoche successive, svettava in posizione dominante, facendo «da coronamento all'intero quadro».
Il viaggiatore fu ospitato da Don Stefano Tabassi, «persona gentile e colta» che abitava nel Palazzo Tomasetti, edificio che colpì Lear per il numero di stanze adornate «ad infinitum» da ritratti e arazzi. In compagnia di due giovani abati l'inglese poté visitare la casa natale del cardinale Giulio Raimondo Mazzarino che con la sua «loggia in rovina sta su di una rupe che si affaccia su un burrone». Il desiderio di scoprire di più sulla dimora del cardinale testimonia la rilevanza storica della figura, la cui internazionale risonanza per le opere di governo nella Francia di Luigi XIV quasi strideva con lo stato d'abbandono della sua casa natale due secoli più tardi. A Lear non doveva mancare il senso dell'umorismo, giacché alla vista della loggia scrisse che «certamente Mazzarino fin da bambino doveva essere a prova di reumatismi, perché la sua casa natale è esposta più d'ogni altra in città alla corrente d'aria fredda e impetuosa».
Terminata la visita, il viaggiatore e artista ebbe modo di continuare a girovagare per il paese, di cenare e conversare con la gente del posto, la cui ospitalità «non può mai essere apprezzata abbastanza». Il giorno dopo Lear lamentò nuovamente i freddi venti che soffiavano per le vie del paese, gelidi al punto da rappresentare l'unica componente sgradita del soggiorno, un dettaglio sul clima che suscita riflessioni al giorno d'oggi considerando che il britannico sostò a Pescina nei primi giorni di settembre. D'un tratto notò alcune donne scendere dalla montagna in direzione di Gioia, portando con loro della legna e con in dosso dei costumi caratteristici che pensò bene di voler ritrarre in uno dei suoi disegni, tuttavia esse non gli permisero in alcun modo di essere riprese e «fuggirono a nascondersi appena ho preso i fogli da disegno dalla mia tasca».
Nel pomeriggio il viaggiatore poté realizzare il noto disegno che ritrae il panorama del borgo, con la loggia e il ponte sottostante, e alla sera la quiete del paese fu scossa da un evento sismico dopo il quale «le campane di Pescina hanno dato il solito allarme di queste circostanze, con tre rintocchi».
L'indomani Edward Lear lasciò dispiaciuto il centro in direzione di Scanno, incamminandosi alle prime luci del sole. La sua breve permanenza in paese, impressa nelle pagine delle Illustrated Excursions in Italy (Londra, T. Mc Lean , 1846), ci consegna il ritratto di un soggiorno pescinese che nella sua fugacità racchiude i tratti distintivi del territorio marsicano e abruzzese: l'impervia geografia fisica delle sue rocche, caratterizzate da una stratificazione delle architetture con le più antiche in rovina a simboleggiare la profondità delle radici dei luoghi, la spontaneità degli abitanti con i loro costumi caratteristici e l'ospitalità nei confronti del viaggiatore straniero, l'imprevedibilità beffarda del terremoto, all'epoca ancora accostato a spiegazioni più afferenti l'ambito del divino che quello della scientificità degli smottamenti, compagni d'ogni tempo delle genti d'Abruzzo, e infine, ultimo aspetto peculiare nel caso di Pescina, il fascino esercitato dalla figura del cardinale Mazzarino, impresso nella scelta di eternare nel taccuino proprio lo scorcio di paese dominato dalla loggia strapiombante.
Filiberto Ciaglia
Comments