Una lunga processione di fuochi attraversa le vie di Fara Filiorum Petri, borgo di duemila abitanti nella provincia di Chieti, nel freddo d’un pomeriggio di metà gennaio. Anche quest’anno si rinnova la tradizionale Festa delle Sarchie, i lunghi fasci cilindrici di canne legate con rami di salice rosso e trasformati in grandi fiaccole, per celebrare un miracolo lontano più di due secoli.
Nel 1799, durante l’invasione napoleonica della penisola, le truppe francesi erano a un passo dall'abitato di Fara che al tempo era circondato da un vasto querceto. La leggenda narra che Sant'Antonio apparve nelle vesti d’un generale di fronte agli invasori, intimando loro di non superare la foresta in direzione del paese; tuttavia il rifiuto dell’esercito costrinse il santo a trasformare gli alberi in fiamme che ostacolarono il cammino dei soldati, salvando il borgo dall’invasione.
Larghe fino a un metro e lunghe dai 7 ai 9 metri, ogni 16 gennaio le farchie di Fara rievocano quell’incendio di fine ‘700 in una manifestazione folkloristica tra le più caratteristiche del nostro territorio. I fasci, abilmente lavorati e legati dagli abitanti delle singole contrade, vengono dapprima condotti nella piazza antistante la chiesa medievale di Sant’Antonio Abate e, successivamente, innalzati e dati alle fiamme. I partecipanti alla celebrazione giudicano la lavorazione tecnica delle farchie proprio quando i fasci raggiungono la verticalità, in quel momento la corretta sistemazione delle canne si rivela fondamentale nell'evitare che si formino dei rigonfiamenti della struttura. Dopodiché inizia il cammino, accompagnato dal canto delle litanie antiche e dagli spari che risuonano nelle valli circostanti, creando un'atmosfera unica che attira migliaia e migliaia di persone dai paesi circostanti.
La rievocazione dell’antico querceto in fiamme, unita ad aspetti più comuni anche agli altri paesi d’abruzzo che celebrano nelle loro realtà particolari la festa del santo, rappresenta anche la principale festività a cavallo tra il Natale ed il Carnevale, riprendendo in effetti taluni elementi dall’uno ed anticipando altri caratteri tipici del più brioso patrimonio festivo carnevalesco.
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