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Immagine del redattoreFiliberto Ciaglia

Buonanotte. Storia d'un borgo fantasma.





A Montebello vivono poco più di ottanta persone, ma cento anni fa i dimoranti sfioravano il migliaio. Questo paesino dell'Alto Sangro, oltre al drammatico calo demografico che lo accomuna a tanti borghi delle valli abruzzesi, è noto per la storia della sua parte più alta ed antica: Malanotte.

Tale denominazione, la più datata pervenutaci dalla remota fondazione del centro nel XII secolo, cambiò in Buonanotte a seguito di alcuni episodi avvolti da un alone di leggenda. Per alcuni il cambio è da attribuire a due soggiorni d'un principe presso il centro, il primo dei quali si rivelò spiacevole e determinò l'iniziale nome del borgo, poi mutato nel secondo a seguito d'un'ulteriore e più gradevole permanenza successiva. Tuttavia la più accreditata tra le tradizioni, che rientra in un topos molto comune nel patrimonio culturale leggendario che caratterizza le storie di numerosi centri o castelli isolati, rimanda ad una battaglia di difficile collocazione nella quale gli abitanti del paese ebbero la peggio contro un centro confinante, i cui soldati, una volta vinto lo scontro, ottennero la possibilità di trascorrere la notte con le fanciulle degli uomini sconfitti sul campo.


Buonanotte Vecchio, foto di Manuel Santoro.

Quali che siano state le origini, ad ogni modo, ora non ha più importanza, giacché nel 1969 gli abitanti rimasti, forse contrari ad una denominazione ai loro occhi "curiosa", riuscirono ad ottenere un terzo ed ultimo cambio in Montebello sul Sangro.

La posizione straordinaria del piccolo centro è stata notata, negli anni passati, dallo stesso imprenditore che ha realizzato l'albergo diffuso "Sextantio" nelle Terre della Baronia, Daniel Kihlgren. Lo svedese, a quanto sembra, aveva in mente per la vecchia Buonanotte un progetto analogo a quello di Santo Stefano, tanto che alcuni immobili della parte alta erano già stati acquistati dall'imprenditore per iniziare a porne le basi. L'arresto dei lavori verificatosi successivamente, tuttavia, sembrerebbe aver messo la parola fine ad ogni speranza di futura salvaguardia e valorizzazione; probabilmente il motivo della decisione è da attribuire all'autorizzazione rilasciata dalla regione Abruzzo per la predisposizione di una raffineria affidata alla società CMI energia nei pressi di Paglieta, un'iniziativa che ha suscitato il comprensibile risentimento delle associazioni ambientaliste e che evidentemente avrebbe un impatto paesaggistico enorme nel contesto sangritano.

L'augurio è che quanto immaginato dall'architetto "Salva Borghi" svedese possa prender vita negli anni a venire, ma per far sì che ciò accada c'è bisogno d'una sensibilità e lungimiranza istituzionali che portino alla consapevolezza che centrali, cave e raffinerie dovranno cedere il passo ad una lotta decisa all'abbandono delle valli interne e più profonde, dove le grandi architetture dei secoli passati sprofondano in un oblio inaccettabile.

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